Cause psicologiche del femminicidio
Profilo psicologico dell’uomo carnefice, maltrattante e possibili soluzioni.
Il femminicidio è una forma estrema di violenza di genere con cause psicologiche complesse. Il tema è dibattuto in questi giorni a causa del recente omicidio di Giulia Cecchettin, la studentessa, laureanda in ingegneria biomedica, uccisa barbaramente, secondo quanto si apprende dai giornali, dall’ex fidanzato.
Il fenomeno del femminicidio ha radici profonde. Le sue cause psicologiche coinvolgono molteplici fattori (sociali, culturali ed emotivi) i quali contribuiscono a generare un contesto sfavorevole nei confronti delle donne.
Quali sono le cause psicologiche del femminicidio ovvero perchè gli uomini uccidono le donne?
Alla base del fenomeno del femminicidio probabilmente è presente una disuguaglianza di genere ed una cultura patriarcale nella quale si sottolinea continuamente la superiorità maschile con la necessità di una sottomissione femminile. La donna, quindi, in questo modello culturale diventa un semplice oggetto posseduto dall’uomo e come tale va controllato e punito in caso di presunta ribellione.
Qual è il profilo psicologico dell’uomo maltrattante e potenzialmente carnefice?
Nel contesto delle relazioni tossiche, violente prevale sempre il desiderio di controllo della donna e la gelosia eccessiva può provocare comportamenti violenti. Nel momento in cui la donna inizia a percepire paura cercando di interrompere la relazione l’uomo maltrattante la punisce o, in casi gravi, la elimina. La punizione è l’unico modo che ha l’uomo per ripristinare il pieno possesso e controllo.
In alcuni casi gli uomini che uccidono le donne hanno disturbi mentali ovvero disturbi del controllo degli impulsi, difficoltà a controllare la rabbia e a gestire le emozioni. Questi disturbi amplificano l’intensità delle reazioni violente. Se soffre di Depressione Maggiore grave o di schizofrenia l’uomo può arrivare ad uccidere la propria compagna in risposta a contenuti deliranti quali ad esempio la necessità di “salvarla da una vita inutile, piena di sofferenze e senza speranza”. In questi casi si può verificare il suicidio del carnefice in risposta al femminicidio ovvero un omicidio-suicidio. Gli uomini con disturbi di personalità antisociali, borderline o narcisistici possono uccidere la loro compagna per l’intollerabilità del loro profondo senso di inadeguatezza o in risposta ad un’angoscia abbandonica.
Può essere utile educare alla non violenza gli uomini?
Certamente. L’educazione affettiva è importante perché l’incapacità di gestire le emozioni, specialmente quelle negative, come la frustrazione o la rabbia, può provocare reazioni impulsive e violente. Alcuni uomini crescono in contesti familiari nei quali viene insegnato loro che la forza, la dominanza ed il controllo dell’altro sono attributi essenziali per essere considerati maschi. Questa visione distorta della mascolinità può favorire comportamenti aggressivi effettuati al fine di mantenere il senso di potere e controllo.
Quali sono le possibili soluzioni del femminicidio?
La lotta contro il femminicidio necessita sicuramente di un approccio multidimensionale che coinvolga istituzioni, comunità e professionisti della salute mentale. Fondamentali sono gli investimenti nell’istruzione e nella sensibilizzazione verso l’uguaglianza di genere. L’allenamento quotidiano al rispetto reciproco può aiutare a cambiare mentalità e comportamenti.
Offrire sostegno psicologico sia agli aggressori sia alle vittime di violenza di genere è fondamentale. Gli uomini violenti possono avere accesso a terapie psicologiche, farmacologiche ed a programmi di riabilitazione per affrontare le cause profonde dei loro comportamenti violenti.
Implementare leggi severe e politiche governative che proteggano le vittime punendo gli aggressori potrebbe contribuire a ridurre il fenomeno come anche programmi legislativi atti a favorire l’emancipazione economica della donna nei confronti dell’uomo. Parlare apertamente del fenomeno incoraggiando la segnalazione precoce di comportamenti violenti, inoltre, può prevenire gli episodi di femminicidio.
Voglio sottolineare che non è vero che tutti gli uomini che commettono femminicidio hanno un disturbo mentale e nemmeno che tutti gli uomini che hanno una cultura o un’educazione basata sul patriarcato commetteranno sicuramente femminicidio. Tuttavia, se si vuole combattere il fenomeno ognuno di noi (maschio, femmina o di altro genere percepito) deve lavorare ogni giorno nella direzione della consapevolezza, della richiesta di aiuto e dell’accoglienza reciproca, non nella direzione della rabbia. Se la rabbia è molto intensa, prolungata, di difficile gestione è necessario approfondirla, capire cosa c’è sotto, contattando uno psichiatra psicoterapeuta.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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