Mindfulness: tecniche di respirazione per curare attacchi di panico e depressione
Lo stress decrementa le prestazioni quotidiane
Lo stress può contribuire all’insorgenza di numerosi cambiamenti psicofisici con conseguente decremento significativo delle prestazioni quotidiane.
Attualmente stiamo assistendo ad una rapida diffusione di alcuni campi di applicazione teorici e pratici della medicina alternativa come le pratiche di respirazione yoga generalmente applicate come misura per raggiungere uno stile di vita più sano. Queste pratiche possono avere un impatto significativo sui disturbi mentali e contribuire ad una attenuazione dei sintomi di patologie come la depressione ed i disturbi d’ansia.
Tecniche di respirazione
Le tecniche di respirazione in ambito terapeutico trovano applicazione nella pratica della mindfulness la quale si basa sull’utilizzo di una respirazione profonda, ritmica al fine di raggiungere uno stato meditativo ed un intenso rilassamento che, mettendo l’individuo in relazione con la propria componente somatica, contribuisce a promuovere la consapevolezza di sé. La mindfulness, infatti, è una pratica di derivazione buddista il cui nome deriva dall’inglese e significa letteralmente “consapevolezza”.
Una respirazione profonda e ritmica, infatti, può incrementare le prestazioni quotidiane attraverso il supporto della funzione cognitiva (i pensieri, la mente, la vigilanza) e delle funzioni fisiche (quella cardiorespiratoria, il metabolismo, l’esercizio fisico, la conoscenza profonda del corpo). Attraverso la pratica quotidiana della respirazione e delle tecniche di meditazione possono essere preservati i meccanismi di compensazione che abbiamo a disposizione per sostenere la funzione fisiologica. Questa preservazione della funzione fisiologica può aiutare a compensare patologie fisiche o psichiche croniche (come ad esempio l’ipertensione, la depressione, la demenza) o stati patologici acuti (come gli attacchi di panico).
Tuttavia, sembrerebbero necessarie ulteriori ricerche biomediche per valutare i meccanismi benefici apportati dalle varie forme di meditazione (quella basata sul respiro, quella mantra e quella di consapevolezza). Queste ricerche potrebbero contribuire a definire meglio gli effetti della mindfulness sulla compensazione del sistema cardiovascolare ed immunitario. La meditazione basata sul respiro avrebbe quindi il potenziale di aiutare a sviluppare una consapevolezza di sé sostenendo una migliore integrazione del cervello (cioè della mente) con altri organi (vale a dire il corpo) per migliorare le prestazioni quotidiane (Carter & Carter lii, 2016).
Lo scopo di uno studio è stato quello di indagare le differenze all’elettroencefalogramma (EEG) nel breve e nel lungo termine prima, durante e dopo le meditazioni di consapevolezza su soggetti che praticavano abitualmente la mindfulness. 20 partecipanti sono stati reclutati, 10 dei quali erano esperti meditatori buddisti. Nonostante l’aumento dell’attività theta riscontrata all’EEG durante la meditazione in entrambi i gruppi di partecipanti, i meditatori buddisti hanno mostrato una minore attività theta nel tratto frontale. Tale risultato potrebbe rappresentare un correlato neurale dei professionisti esperti, corrispondente alla capacità di tali individui di limitare il trattamento delle informazioni non necessarie (ad esempio il pensiero discorsivo) con un conseguente aumento della loro consapevolezza sui contenuti essenziali dell’esperienza presente. Le variazioni elettroencefalografiche nella banda theta durante la meditazione, però, non sembrano essere un correlato specifico di consapevolezza ma sembrerebbero piuttosto legate alla qualità della concentrazione raggiunta durante la meditazione (Tanaka et al., 2014).
L’intolleranza all’incertezza è un’aspetto cognitivo-emotivo tipico dei soggetti affetti da vari disturbi d’ansia e depressivi. Tuttavia la relazione tra intolleranza all’incertezza e gravità dei sintomi di panico non è ancora del tutto chiara. Uno studio ha esaminato la relazione tra intolleranza all’incertezza, sintomi di panico e sintomi depressivi durante una terapia cognitiva basata sulla mindfulness in pazienti con disturbo di panico.
Sono stati valutati 83 individui con disturbo di panico e successivamente arruolati nello studio 69 soggetti adatti. I soggetti effettuavano una terapia cognitiva basata sulla mindfulness per disturbo di panico. La valutazione è stata effettuata al basale e dopo 8 settimane utilizzando scale psicometriche specifiche come la Intolerance of Uncertainty Scale (IUS), la Panic Disorder Severity Scale-Self Report (PDSS-SR) e la Beck Depression Inventory (BDI).
Dai risultati è emersa una riduzione significativa nei punteggi alla IUS, alla PDSS ed alla BDI in seguito all’effettuazione di una terapia cognitiva basata sulla mindfulness per il disturbo di panico. I punteggi pre-trattamento e post-trattamento alle tre scale erano correlati tra loro.
La terapia cognitiva basata sulla mindfulness per il disturbo di panico quindi sembrerebbe efficace nel ridurre l’intolleranza all’incertezza (Kim et al., 2016).
Una ricerca condotta su 21 articoli sulla pratica della mindfulness mostrerebbero, inoltre, che la terapia cognitiva basata su tale pratica ridurrebbe il rischio di ricaduta depressiva rispetto alla terapia cognitiva standard (Fjorback et al., 2011).
Riferimenti bibliografici:
Carter KS & Carter lii R (2016). Breath-based meditation: A mechanism to restore the physiological and cognitive reserves for optimal human performance.World J Clin Cases. 4(4): 99-102.
Fjorback LO et al (2011).Mindfulness-based stress reduction and mindfulness-based cognitive therapy: a systematic review of randomized controlled trials.Acta Psychiatr Scand. 124(2): 102-19.
Tanaka GK et al (2014). Lower trait frontal theta activity in mindfulness meditators. Arq Neuropsiquiatr. 72(9): 687-93.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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