Cos’è il disturbo d’ansia generalizzato
L’ansia è un’ emozione spiacevole, un sentimento di aspettativa o allarme di fronte ad un pericolo reale o potenziale. Essa può essere associata a sintomi fisici (tremore, sudorazione, palpitazioni, dispnea), psichici (preoccupazioni, difficoltà di attenzione, difficoltà di concentrazione, depersonalizzazione, derealizzazione) e/o a comportamenti di evitamento.
Ha il significato di una reazione istintiva di difesa, che deriva dall’istinto di conservazione di fronte ad una situazione di pericolo proveniente dall’interno dell’individuo o dall’esterno, la cui natura non è conosciuta né definibile.
L’ansia anticipa il pericolo in assenza di un oggetto chiaramente identificato. Essa assume un carattere patologico quando non risulta proporzionata alle vicende esistenziali del soggetto o quando interferisce con le sue normali attività di vita.
La formulazione freudiana
La formulazione freudiana iniziale postulava che la rimozione di un contenuto causasse angoscia. L’ansia poteva anche essere intesa come una paura che ha perduto il suo oggetto attraverso il meccanismo della rimozione. Nelle nevrosi, l’angoscia nevrotica deriverebbe dalla riattivazione di esperienze traumatiche precoci di natura pericolosa e da una loro fissazione nelle diverse fasi di sviluppo dell’individuo.Le esperienze più significative in grado di produrre l’emergere dell’angoscia secondo Freud sono la separazione dalla madre, la perdita d’amore, la minaccia di castrazione, la punizione e l’abbandono da parte dei genitori.
Le dottrine post-freudiane
Le dottrine post-freudiane invece riconoscono l’importanza delle relazioni interpersonali nell’eziopatogenesi dell’ansia (formazione, mantenimento e rottura dei legami affettivi).
La neurobiologia dei meccanismi che sostengono la risposta ansiosa comprende le vie che portano gli stimoli sensoriali esterni e viscerali dalla periferia al talamo e da questo all’amigdala (short loop) e il circuito che coinvolge anche la corteccia somatosensoriale primaria, l’insula, il giro del cingolo anteriore e corteccia prefrontale (long loop). Quest’ultimo permette l’acquisizione di significato degli stimoli minacciosi attraverso l’elaborazione della corteccia.
L’amigdala riceve le informazioni relative agli stimoli che inducono paura e ansia sia in modo non elaborato (short loop) che dopo l’elaborazione della corteccia (long loop). I disturbi d’ansia quindi potrebbero essere il risultato di uno squilibrio nel controllo del long loop sullo short loop.
Nell’ansia l’attività serotoninergica è generalmente diminuita mentre sembrerebbero aumentare l’attività noradrenergica e quella dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con una conseguente iperproduzione di cortisolo.
Cosa si intende per disturbo d’ansia generalizzato
Per Disturbo d’ansia generalizzato si intende la presenza di un’ ansia persistente, non legata alla presenza di una particolare circostanza ambientale. La prevalenza nel corso della vita di tale disturbo è pari all’1,9% (ESEMeD, 2004).
L’ICD-10 permette di diagnosticare il disturbo se sono presenti sintomi che possono essere compresi nelle aree di: apprensione e preoccupazioni; tensione motoria che si manifesta con tremori, cefalea, irrequietezza e incapacità a rilassarsi; iperattività neurovegetativa con palpitazioni, sudorazione, tremore e bocca secca.
L’ansia è di solito più accentuata di quanto ci si possa aspettare oggettivamente dalle circostanze di vita della persona. Le preoccupazioni sono generalmente incentrate su due o più aree di vita come la famiglia, il lavoro, le questioni economiche e la salute ma anche verso banali situazioni. I soggetti che ne sono affetti sono spesso irritabili, con difficoltà a prendere sonno, a concentrarsi. Tutte le manifestazioni tendono a mostrare una moderata gravità e persistono nel tempo in assenza di attacchi di panico.
L’ esordio è generalmente precoce, tra i 20 ed i 40 anni. Il decorso è cronico episodico. Secondo il DSM V nel disturbo d’ansia generalizzato l’ansia e le preoccupazioni eccessive si manifestano per la maggior parte dei giorni per almeno 6 mesi e riguardano una grande quantità di eventi o attività (come prestazioni lavorative o scolastiche). La persona ha difficoltà nel controllare la preoccupazione.
I soggetti hanno tre (o più) dei seguenti sintomi: irrequietezza o sentirsi tesi o con i nervi a fior di pelle; facile affaticabilità; difficoltà a concentrarsi o vuoti di memoria; irritabilità; tensione muscolare; alterazioni del sonno (difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, sonno inquieto e insoddisfacente). L’ansia, la preoccupazione o i sintomi fisici causano disagio clinicamente significativo con riduzione del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti.
La terapia
La terapia, in caso di diagnosi tardiva e decorso cronico, è generalmente farmacologica (a base di agenti serotoninergici, triciclici e/o benzodiazepine). In caso di diagnosi precoce utile sembra essere la psicoterapia (come quella cognitivo-comportamentale) che in casi gravi può essere associata al trattamento farmacologico.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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