
Cosa pensa e come si comporta una persona ansiosa: come sopravvivere nella paura
L’ipergeneralizzazione degli stimoli pericolosi è un possibile meccanismo cognitivo alla base dell’insorgenza e dell’esacerbazione dei disturbi d’ansia. Questo meccanismo cognitivo li rende particolarmente adatti al trattamento mediante la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Le origini comportamentali e neurali sottostanti l’ipergeneralizzazione degli stimoli pericolosi presente nei soggetti con disturbi d’ansia rimangono poco chiare. In particolare non è chiaro se si tratta della scelta di un comportamento messo in atto dall’individuo in un ambiente non sicuro (operante secondo l’idea che è sempre meglio prevenire che curare) o un cambiamento soggettivo del modo in cui lo stimolo viene percepito. Gli individui affetti da disturbi d’ansia, infatti, effettuano una più ampia generalizzazione degli stimoli esterni rispetto ai soggetti che non ne sono affetti.
I soggetti ansiosi quindi arrivano a percepire una minaccia anche in contesti di relativa sicurezza che richiederebbero comportamenti diversi. Con il passare del tempo tale meccanismo cognitivo diviene automatico fino a verificarsi frequentemente nella vita quotidiana.
Gli studi di risonanza magnetica funzionale hanno rilevato inizialmente attivazioni nelle aree cerebrali della corteccia cingolata anteriore e/o del putamen e successivamente dell’amigdala e/o dell’ippocampo a causa della messa in atto di comportamenti di evitamento dello stimolo minaccioso. L’attivazione della corteccia uditiva e dell’amigdala dimostrerebbe la presenza di una specifica plasticità stimolo-correlata. La generalizzazione dell’ansia potrebbe quindi avere origini percettive e coinvolgere, attraverso la modulazione affettiva, le rappresentazioni dello stimolo a livello della corteccia primaria e dell’amigdala (Laufer et al., 2016).
I comportamenti di sicurezza messi in atto dai soggetti ansiosi consistono nella messa in atto di precauzioni finalizzate a prevenire o minimizzare un esito temuto. Tali attività sono coinvolte nel mantenimento dei disturbi d’ansia. I comportamenti di sicurezza impedirebbero l’estinzione della paura condizionata mantenendo le aspettative di minaccia. Uno studio ha testato se il comportamento di sicurezza diretta verso uno stimolo oggettivamente sicuro possa aumentare o meno la percezione di minaccia di questo stimolo quando viene successivamente sperimentato in assenza del comportamento di sicurezza. In un compito di condizionamento i partecipanti alla ricerca affetti da disturbi d’ansia hanno prima appreso che uno stimolo A (“pericolo”) era seguito da incidenti temuti e due stimoli B e C (“sicurezza”) non erano seguiti dalla situazione temuta. Successivamente i soggetti hanno imparato ad applicare un comportamento di sicurezza nel corso di un’altra sperimentazione. Tale comportamento ha impedito l’evento avverso. Al gruppo sperimentale (con disturbi d’ansia), ma non al gruppo di controllo, è stata data la possibilità di effettuare un comportamento di sicurezza anche per le prove C. In una fase di prova successiva gli stimoli A, B, e C sono stati presentati ai soggetti senza la possibilità per i partecipanti di effettuare un comportamento di sicurezza.
I risultati della ricerca hanno dimostrato che i comportamenti di sicurezza determinerebbero una maggiore aspettativa di evento avverso per lo stimolo C (“sicurezza”) mantenendo tale aspettativa nel gruppo di soggetti con disturbi d’ansia e non nel gruppo di controllo. I comportamenti di sicurezza determinerebbero, pertanto, il mantenimento della valutazione di minaccia di fronte a stimoli che hanno acquisito una rappresentazione minacciosa solo indirettamente. Questo potrebbe essere un possibile meccanismo all’origine di credenze distorte, di comportamenti superstiziosi e di paure irrazionali. I comportamenti di sicurezza sono finalizzati a ridurre i pericoli reali ma se messi in atto in situazioni relativamente sicure i costi potenziali possono superare i benefici (Engelhard et al., 2015).
Negli ultimi anni sono state identificate importanti vie top-down provenienti da regioni cerebrali di controllo cognitivo presenti a livello della corteccia prefrontale mediale. L’identificazione di tali percorsi potrebbe contribuire a migliorare la comprensione della regolazione cognitiva dei disturbi affettivi e fornire ai pazienti percorsi di intervento mirati.
Gli ultimi studi suggeriscono che le sottoregioni dorsali e ventrali della corteccia prefrontale mediale eserciterebbero effetti opposti sulla paura. La regione basale-mediale dell’amigdala rappresenterebbe il principale bersaglio della sottoregione ventrale della corteccia prefrontale mediale nei topi. I neuroni della regione basale-mediale dell’amigdala avrebbero la funzione di differenziare ambienti sicuri da ambienti pericolosi. L’attivazione di tale regione può diminuire gli stati di freezing (letteralmente congelamento) e le reazioni di fuga legate alla paura. La proiezione tra sottoregione ventrale della corteccia prefrontale mediale e regione basale-mediale dell’amigdala quindi implementerebbe il controllo top-down degli stati di ansia.
L’utilizzo di questa via, incentivato attraverso la psicoterapia cognitivo-comportamentale, può permettere ai pazienti di imparare a gestire le reazioni ansiose sia in condizioni di stabilità emotiva sia in situazioni di stress (Adhikari et al., 2015).
Riferimenti bibliografici:
Adhikari A et al (2015).Basomedial amygdala mediates top-down control of anxiety and fear. Nature. 527(7577): 179-85.
Laufer O et al (2016). Behavioral and Neural Mechanisms of Overgeneralization in Anxiety. Curr Biol. 26(6): 713-22.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni

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