Difficoltà a prendere sonno o risvegli notturni, rimedi possibili
Nuovi farmaci per l’insonnia e nuove cure alternative ai farmaci.
La difficoltà a prendere sonno o i risvegli notturni spesso causano sonnolenza diurna e difficoltà a svolgere le attività quotidiane.
Quali sono i rimedi possibili per le difficoltà di addormentamento?
I disturbi del sonno, compresa la difficoltà ad addormentarsi, possono essere trattati tramite la prescrizione di farmaci. Un trattamento ideale per l’insonnia dovrebbe contribuire a migliorare la latenza del sonno, ad aumentare la durata del riposo notturno limitando il numero di risvegli e non presentando effetti collaterali negativi significativi come sonnolenza diurna o diminuzione della vigilanza.
La terapia cognitivo-comportamentale sembrerebbe un trattamento efficace per l’insonnia ma è spesso ostacolato dalla difficoltà riferita dai paziente ad intraprendere con concentrazione e costanza questo percorso senza prima aver recuperato il sonno perduto.
Sono in fase di sperimentazione nuove terapie alternative che si basano sulla creazione di protocolli di psicoterapia specifici per l’insonnia ed accessibili facilmente a tutti grazie al web.
Ricerche iniziali hanno suggerito l’utilizzo di una terapia cognitivo-comportamentale via web focalizzata sull’insonnia e la gestione dello stress proprio al fine di mitigare gli ostacoli sopracitati alla psicoterapia. Uno studio ne ha valutato l’efficacia su 88 adulti affetti da insonnia primaria ovvero non dovuta ad altri disturbi neurologici o mentali. Nella ricerca sono stati inclusi anche 263 adulti con disturbi neurologici o mentali che avevano l’insonnia in comorbilità. L’intervento consisteva nella partecipazione ad un programma online di 6 settimane la cui efficacia è stata valutata mediante una scala specifica denominata Insomnia Severity Index (ISI).
Il punteggio basale all’ISI per il gruppo di intervento (43 soggetti con insonnia primaria) è stato pari a 17,0 mentre il punteggio per il gruppo di controllo è stato di 16.6 (45 soggetti con insonnia primaria).
Nel follow up 25 soggetti del gruppo che ha effettuato l’intervento hanno manifestato un miglioramento del riposo notturno significativo rispetto a 35 soggetti di controllo. I partecipanti del gruppo con insonnia in comorbilità psichiatrica o neurologica avevano un punteggio basale all’ISI di 16,7 con un miglioramento successivo alla partecipazione al programma online simile a quello del gruppo con insonnia primaria.
Sono stati osservati miglioramenti clinicamente significativi sulla gravità dell’insonnia sia nei soggetti con insonnia primaria sia negli individui con insonnia in comorbilità. Tali miglioramenti sul sonno sono stati mantenuti per più di 4 mesi sottolineando l’efficacia di tale protocollo di terapia cognitivo-comportamentale (Bernstein et al., 2017).
L’insonnia è un disturbo frequente tra gli anziani e la cura è generalmente farmacologica. Una revisione sistematica della letteratura scientifica ha valutato la sicurezza e l’efficacia dei farmaci usati per trattare l’insonnia, compresi quelli innovativi. Sono state esaminate revisioni sistematiche, studi randomizzati controllati, studi osservazionali e una serie di casi clinici relativi all’insonnia nella popolazione più anziana. Tra i farmaci valutati: benzodiazepine (triazolam, estazolam, temazepam, flurazepam, quazepam), agonisti dei recettori non benzodiazepinici o non BzRAs (zaleplon, zolpidem, eszopiclone), suvorexant, ramelteon, doxepin e trazodone. Sono stati inclusi anche farmaci off-label per la cura dell’insonnia come altri antidepressivi, antistaminici, antipsicotici, gabapentin, pramipexolo, tiagabina, valeriana e melatonina.
Dai risultati sono emersi benefici nell’utilizzo della terapia cognitivo-comportamentale e dell’igiene del sonno come cura iniziale per l’insonnia. Le benzodiazepine erano preferibilmente da evitare nella popolazione geriatrica, in particolare per un uso a lungo termine. I non BzRAs presentavano un profilo di sicurezza migliore rispetto alle benzodiazepine ma i loro effetti collaterali a lungo termine includevano demenza, lesioni gravi e fratture, tali da preferire una limitazione del loro uso. Ramelteon aveva scarsi effetti collaterali ed era efficace nel ridurre la latenza del sonno e nell’aumentare il tempo totale di sonno, il che rendeva questo farmaco una valida opzione per la cura dell’insonnia. Anche se i dati sul suvorexant erano limitati, questo farmaco sembrava migliorare il mantenimento del sonno e presentava effetti avversi lievi, tra cui sedazione diurna residua.
L’uso di antidepressivi a basso dosaggio a scopo sedativo era utilizzato solo per curare l’insonnia dei pazienti con una depressione in comorbilità. Gli antipsicotici, il pramipexolo e la tiagabina, spesso utilizzati per la cura dell’insonnia, non sono stati ampiamente studiati in una popolazione anziana e tutti presentavano notevoli effetti negativi. Gabapentin era utile nel trattamento dei pazienti con sindrome delle gambe senza riposo o con dolore neuropatico cronico e insonnia. Valeriana e melatonina avevano un piccolo impatto sulla latenza del sonno producendo talvolta sedazione residua. Gli antistaminici dovrebbero essere evitati nella popolazione anziana.
La direzione futura del trattamento dell’insonnia, pertanto, si concentra principalmente su interventi non farmacologici e sul trattamento di patologie concomitanti (Schroeck et al., 2016).
Riferimenti bibliografici:
Schroeck JL et al (2016). Review of Safety and Efficacy of Sleep Medicines in Older Adults. Clin Ther. 38(11): 2340-2372.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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