Disturbo bipolare: una cura definitiva è possibile?
I farmaci presenti in commercio per la cura del disturbo bipolare possono determinare modificazioni genetiche importanti per la ricerca di terapie personalizzate.
Il disturbo bipolare è una patologia cronica, recidivante che spesso necessità di una terapia lunga e complessa.
Uno stabilizzatore dell’umore efficace, infatti, dovrebbe portare alla remissione di tutti i futuri episodi maniacali, misti e depressivi prevenendo le recidive. In realtà pochi farmaci, con forse l’eccezione del litio, si avvicinano a questo risultato. Per individuare una cura definitiva per il disturbo bipolare è quindi importante rivedere criticamente quali farmaci, se presenti, soddisfano i requisiti di idoneità necessari facendo riferimento a criteri ragionevoli e dati di confronto.
Gli stabilizzanti dell’umore
Il termine stabilizzatore dell’umore, infatti, è un’etichetta importante la quale deve essere applicata con giudizio perché conferisce credibilità clinica e qualifica per l’uso a lungo termine nel mantenimento e nella profilassi del disturbo bipolare. Necessario è lo sviluppo di nuove linee guida per il trattamento del disturbo bipolare e di nuovi agenti farmacologici (Goodwin & Malhi, 2007).
Il concetto di spettro bipolare con caratteristiche miste è un ponte tra i disturbi depressivi maggiori ed i disturbi bipolari. In presenza di un episodio misto bipolare gli antidepressivi e gli stabilizzatori dell’umore devono essere usati con cautela al fine di ottenere stabilità a lungo termine. In questi pazienti è raccomandata una combinazione di antidepressivi, stabilizzatori del tono dell’umore o antipsicotici atipici piuttosto che una monoterapia con antidepressivi.
Gli studi che valutano gli stabilizzatori dell’umore efficaci nel trattamento della depressione bipolare suggeriscono la lamotrigina come farmaco affidabile mentre il litio sembrerebbe presentare effetti modesti. Manca una chiara evidenza sull’efficacia di acido valproico e carbamazepina. Recentemente sono stati fatti progressi significativi riguardo lo studio della fisiopatologia dei disturbi dell’umore e l’applicazione di potenziali biomarcatori. Si prevede che i futuri sviluppi della ricerca favoriranno la scoperta di nuovi farmaci i quali potrebbero portare a trattamenti personalizzati (Shim et al., 2017).
Dati i potenziali effetti dei farmaci psichiatrici sulla metilazione del DNA uno studio ha valutato se l’uso di farmaci nel disturbo bipolare era associato a metilazione del DNA.
Modelli di metilazione del DNA, ricavati da campioni di sangue dopo la somministrazione di sei farmaci psicotropi (litio, quetiapina, olanzapina, lamotrigina, carbamazepina e acido valproico), sono stati esaminati in 172 pazienti con disturbo bipolare. Sono stati studiati i seguenti fattori: la composizione del tipo di cellule, le reti geniche, i componenti principali, i geni guidati dall’ipotesi e i loci individuali a livello dell’epigenoma.
L’acido valproico e la quetiapina erano significativamente associati a segni di metilazione alterati e ad una diversa composizione nel tipo di cellule.
I farmaci psichiatrici, pertanto, possono influenzare i pattern di metilazione del DNA, oltre la composizione del tipo di cellule, nel disturbo bipolare. I cambiamenti correlati al farmaco nella metilazione del DNA possono dare informazioni sui meccanismi biologici alla base dell’efficacia del farmaco (Houtepen et al., 2016).
Riferimenti bibliografici:
Goodwin GM & Malhi GS (2007). What is a mood stabilizer? Psychol Med. 37(5):609-14.
Shim IH et al (2017). Antidepressants and Mood Stabilizers: Novel Research Avenues and Clinical Insights for Bipolar Depression. Int J Mol Sci.18(11).
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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