Il ruolo del viaggio nel decorso dei disturbi mentali
Nonostante l’aumento recente dei viaggi internazionali il ruolo del viaggio nella salute mentale rimane un ambito poco studiato.
Viaggiare può scatenare o aggravare disturbi dell’umore, disturbi d’ansia o dipendenze da sostanze stupefacenti. Coloro che espatriano sono particolarmente a rischio di soffrire di disturbi dell’adattamento, anche a causa della lunghezza dei loro soggiorni all’estero. Alcune destinazioni con forti connotazioni simboliche o mistiche sono spesso associate ad episodi psicotici acuti. Anticipare tali cambiamenti permette di affrontare i rischi per la salute mentale durante il viaggio (Eytan & Loutan, 2006).
Manifestazioni generalmente riferite dai soggetti durante i viaggi sono sensazioni di perdita, disorientamento, paura di perdere la propria strada o di vagare senza meta senza per questo portare necessariamente ad una sintomatologia clinica. Il viaggio, infatti, specialmente se all’estero e di lunga durata rappresenta un importante fattore di cambiamento per l’individuo (Vaschetto, 2014).
Dai dati epidemiologici mondiali i disturbi psicotici risulterebbero frequenti fra i viaggiatori (10-20%). La presenza di un disturbo psicotico alla partenza non costituisce, però, una controindicazione al viaggio. Bisognerebbe solo prendere speciali precauzioni per i pazienti psicotici che desiderano viaggiare. Queste precauzioni si potrebbero applicare anche per pazienti a rischio di transizione verso un disturbo psicotico (Vermersch et al., 2014).
Alcuni autori hanno valutato l’aspetto assicurativo offerto durante i viaggi all’estero in caso di aggravamento della patologia mentale di pazienti psicotici. Anche se il rimpatrio di un paziente gravemente malato di mente è un aspetto fondamentale, urgente, le polizze assicurative di viaggio escludono in gran parte la copertura delle spese di trattamento e di rimpatrio. L’elevato costo del trattamento ed il rimpatrio del paziente dovrebbe essere pagato dal paziente o dalla sua famiglia che si trova a volte in una posizione di insolvenza. Gli autori concluderebbero affermando che vi è la necessità di un migliore approccio delle autorità aeroportuali e delle assicurazioni ai pazienti affetti da disturbi psichici in viaggio all’estero (Felkai et al., 2011).
Ogni viaggio è, infatti, fonte di stress: può scatenare o peggiorare disturbi mentali, esponendo l’individuo ad una cultura diversa dalla sua. Naturalmente si parla di viaggi in località lontane: si tratta di turisti in cerca di un’avventura esotica, giovani in cammino iniziatico, rifugiati politici o immigrati alla ricerca di migliori condizioni economiche, migranti che ritornano nel paese di origine. Ogni viaggiatore può imbattersi in tracce della propria storia familiare o della propria cultura di origine con intense sollecitazioni emotive che possono condurre a disturbi psichici. Tali quadri clinici hanno assunto con tempo nomi di specifiche località. Si possono citare, ad esempio, la sindrome di Firenze, la sindrome dell’India, la sindrome dell’isola, la sindrome di Parigi, il Benares. Per quanto riguarda l’aspetto religioso, i viaggi alla Mecca per i musulmani o a Gerusalemme per le religioni monoteiste possono rappresentare fattori di rischio per eventuali disturbi mentali. Un ritorno nel paese di origine rappresenterebbe per il migrante un requisito necessario finalizzato a ritornare nella propria cultura (Airault, 2015).
Fattori religiosi e spirituali sono sempre stati oggetto di ricerca psichiatrica. Credenze e pratiche religiose sono state associate ad isteria, disturbi nevrotici o psicotici. Tuttavia studi recenti hanno valutato un altro aspetto della religione la quale potrebbe servire come risorsa psicologica e sociale per affrontare lo stress. Una revisione sistematica ha valutato il rapporto tra religione, spiritualità e salute mentale con particolare attenzione alla depressione, al rischio di suicidio, all’ansia, alla psicosi e all’abuso di sostanze. Dai risultati degli studi esaminati è emerso che, mentre le credenze e le pratiche religiose possono rappresentare potenti fonti di conforto o speranza, il particolare significato attribuito dall’individuo alla religione sarebbe strettamente associato a disturbi nevrotici e psicotici. Questo a volte rende difficile valutare se la spiritualità possa costituire una risorsa o una vulnerabilità per l’individuo stesso (Koenig, 2009).
Riferimenti bibliografici:
Airault R (2015). Risks of psychiatric decompensation in travel. Rev Prat. 65(4): 509-12.
Eytan A & Loutan L (2006). Travel and psychiatric problems. Rev Med Suisse. 2 (65): 1251-5.
Felkai P et al (2011). Psychiatric patient: the most vulnerable traveller. Orv Hetil. 152(4): 131-8.
Koenig HG (2009). Research on religion, spirituality, and mental health: a review. Can J Psychiatry. 54(5): 283-91.
Vaschetto E (2014). Travelers, mad, wandering. Vertex. 25(114): 113-21.
Vermersch et al (2014). Travel and psychotic disorders: clinical aspects and practical recommendations. Presse Med. 43(12 Pt 1): 1317-24.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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