Stress percepito e variazione di peso: l’utilità della psicoterapia nella psicologia alimentare
La sintomatologia depressiva, la restrizione alimentare, la fame e l’impulsività sono considerati fattori di rischio per l’obesità.
Predittori psicologici di cambiamento del peso a breve termine (sei mesi) ed a lungo termine (più di un anno) sono stati studiati in 65 soggetti magri ed obesi. I soggetti hanno partecipato a studi basati sull’assunzione di cibo e sul metabolismo che non includevano alcun tipo di farmaci o interventi dietetici. I soggetti hanno compilato questionari psicologici e la variazione di peso è stata monitorata a visite di follow-up.
A sei mesi lo stress percepito ha predetto un aumento significativo di peso. C’è stata una significativa interazione tra stress percepito ed alimentazione finalizzata alla regolazione emotiva, tale che i punteggi più alti allo stress psicologico hanno predetto un aumento di peso maggiore, mentre i soggetti con bassi livelli di stress hanno riportato una significativa perdita di peso. A lungo termine i punteggi più alti all’anedonia (la perdita di piacere ed interessi nelle attività quotidiane) hanno predetto un significativo aumento di peso. La presenza di depressione ha moderato questi effetti tale che gli intensi sintomi depressivi e la scarsa anedonia determinavano una probabile perdita di peso.
La corretta gestione dello stress percepito, quindi, può facilitare la perdita di peso a breve termine mentre la gestione di depressione ed anedonia può essere un obiettivo importante per la regolazione del peso a lungo termine (Ibrahim et al., 2016).
La maggior parte degli studi dimostrano che problemi nella regolazione emotiva sarebbero determinanti nello sviluppo di patologie come depressione ed ansia accompagnati da una significativa associazione con l’innalzamento dell’indice di massa corporea (BMI) durante la gravidanza. I risultati degli studi qualitativi hanno valutato il disagio psicologico delle gestanti relativo ad episodi di umiliazione o all’esposizione a pregiudizi sull’obesità. Utile sarebbe aumentare l’attenzione ed il supporto psicologico fornito alle donne in gravidanza obese (Faria-Schützer et al., 2016).
L’eccesso di cibo disponibile e l’inattività fisica sono di grande importanza nell’eziologia dell’obesità. I fattori psicologici si trovano spesso sullo sfondo di tale stile di vita sedentario. Lo stress cronico può contribuire all’inattività fisica ed innescare comportamenti che ostacolano il mantenimento di una dieta (ad esempio un’alimentazione irregolare o il mangiare finalizzato alla regolazione emotiva). I risultati di studi randomizzati controllati mostrerebbero che esercizi di rilassamento possono ridurre la fame nervosa, favorendo pensieri alimentari positivi e contribuendo alla riduzione del peso. Tuttavia la gestione dello stress non avviene solo mediante il rilassamento. Si compone, infatti, di strategie e competenze finalizzate al miglioramento delle relazioni emotive e focalizzate alla risoluzione dei problemi che impediscono l’impostazione di un’alimentazione corretta. L’applicazione di questi metodi, aumentando anche la consapevolezza dei soggetti, permetterebbe la sostituzione di un’alimentazione “emotiva” con altri comportamenti, favorendo la ristrutturazione cognitiva, la capacità di dire di no e la soluzione dei problemi. Ciò permetterebbe di chiedere aiuto per prevenire o gestire i conflitti e le difficoltà personali invece di utilizzare il cibo per alleviare il proprio disagio. Le tecniche presentate in numerosi studi possono essere applicate ricorrendo al consulto con uno specialista che permette di individuare insieme ai pazienti gli strumenti per ottimizzare il trattamento dell’obesità (Czeglédi et al., 2016).
Il miglioramento dell’autostima, inoltre, rappresenterebbe uno dei principali obiettivi nei programmi di psicoterapia per i disturbi alimentari. Numero studi, ad esempio, hanno indicato che, in soggetti affetti da anoressia nervosa, il miglioramento dell’autostima può determinare un miglioramento la psicologia alimentare ed aumentare il peso dei soggetti in corso di trattamento. Dimensioni specifiche di autostima come amabilità ed auto-approvazione morale sembrerebbero predittive di una riduzione della preoccupazione per la forma ed il peso corporeo. Il rapporto tra autostima e disturbi alimentari, però, è tutt’altro che semplice (Collin et al., 2016). Ciò suggerisce, pertanto, il bisogno del parere di uno psicoterapeuta e/o di uno psichiatra che può avvalersi della collaborazione con altre figure professionali (come i nutrizionisti).
Riferimenti bibliografici:
Czeglédi E et al (2016). [Options of stress management in obesity treatment]. Orv Hetil. 157(7): 260-7.
Faria-Schützer DB et al (2016). Psychological issues facing obese pregnant women: a systematic review. J Matern Fetal Neonatal Med. 7: 1-21. [Epub ahead of print].
Ibrahim M et al (2016). Perceived stress and anhedonia predict short-and long-term weight change, respectively, in healthy adults. Eat Behav. 21: 214-219.
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Dott.ssa Tiziana Corteccioni
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